giovedì 5 gennaio 2023

Il 5 gennaio del 1984 la mafia uccideva il giornalista Pippo Fava

 


Pippo Fava e il concetto etico del giornalismo


"Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali. Ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero.
Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!".
(Pippo Fava, "Lo spirito di un giornale", 11 ottobre 1981)

Lettera aperta al sedicente vescovo primate della diocesi d'Italia, il molto reverendo dottore professore etc. Andrea Panerini

 




"Gesù li chiamò attorno a sé e disse: ‘Come sapete, quelli che pensano di essere sovrani dei popoli comandano come duri padroni. Le persone potenti fanno sentire con la forza il peso della loro autorità. Ma tra voi non deve essere così. Anzi, se uno tra voi vuole essere grande, si faccia servo di tutti; e se uno vuol essere il primo, si faccia servitore di tutti. Infatti anche il Figlio dell'uomo è venuto non per farsi servire, ma per servire e per dare la propria vita come riscatto per la liberazione degli uomini’”. (Mc 10, 42-44)

 

Stupore (o, piuttosto, sconcerto) e amarezza, tanta. Sono stati questi i sentimenti prevalenti che abbiamo provato nel leggere la tua minacciosa e inutilmente pomposa “nota urgente” – ci ostiniamo a non comprendere l'urgenza di un “decreto” emanato in piena notte - di “vescovo primate etc.” che rimanda alla ratifica da parte di un cosiddetto concistoro nazionale composto da ben tre persone (te compreso).

Adesso che è passata l'estate e che le acque della tua sacra ira si sono forse calmate, desideriamo ribadire quanto ti abbiamo già comunicato verbalmente, e in parte anche per iscritto, ben prima del 28 luglio, data del tuo decreto notturno che hai avuto l'eleganza di spammare ovunque sui social e di inoltrare anche a contatti che nulla o poco avevano e hanno a che fare con la “tua” - perché sembra, da come la gestisci, che sia di tuo esclusivo e capriccioso dominio - Chiesa. Immaginiamo col deliberato proposito di diffamarci o di metterci comunque in cattiva luce.

Circa un anno fa, dietro tua sollecitazione, Davide Romano ci aveva chiesto se era nostra intenzione entrare ufficialmente nella Chiesa protestante Unita e iniziare il percorso per l'ammissione in Chiesa, come si usa dire. Ci abbiamo riflettuto bene e, proprio considerando i tuoi continui sbalzi di umore, i tuoi immotivati rimproveri a chiunque non si piegasse immediatamente ai tuoi desiderata, la tua poca affidabilità - ci hai “piantati” diverse volte e non hai dato mai seguito a decisioni importanti prese nell'ambito del nostro Sinodo -, il tono spesso minaccioso e offensivo delle tue comunicazioni, le continue e imbarazzanti richieste di denaro, per tacere dei tuoi comportamenti strettamente privati, sui quali intendiamo stendere un velo pietoso, abbiamo deciso di non rispondere positivamente alla richiesta.

Anzi, in quella stessa sede abbiamo deciso di tagliare ogni legame con te e con la tua creatura, il tuo piccolo regno in terra. Decisione che ti abbiamo abbondantemente anticipato anche a giugno di quest'anno. Pur volendo continuare a seguire Davide, che stimiamo, a cui vogliamo bene e che tanto si è speso per la nostra “koinonia”.

“Commissariare” la comunità di Palermo - t’informiamo, qualora non te ne fossi accorto, che dalla tua Chiesa siamo usciti tutti - e revocare il mandato pastorale a Davide Romano, il quale ti aveva già detto che in autunno avrebbe lasciato il servizio nella tua Chiesa, è stata pertanto un'azione puramente vendicativa e, perdonaci, alquanto meschina. Un'azione che ci ha molto amareggiati e confermati nel nostro proposito.

E ringraziamo, quindi, il Signore per averci aperto gli occhi in tempo e per ciò che di bello e di positivo abbiamo ricevuto da questa esperienza.

Preghiamo il Signore che ti aiuti a trovare quella serenità e quell'amore così necessari per chi lo vuole servire nei fratelli e non usare il Signore per farsi servire dai fratelli.

Palermo, 1 settembre 2022

 

Il Concistoro della Comunità "Koinonia"

Anna Lane, Ornella Oddo, Pietro Baldassarre Rizzottolo e Pietro Valenti


lunedì 2 gennaio 2023

“Storia breve e trascurabile di una mancata intervista a Joseph Ratzinger” di Davide Romano

 



Di Joseph Ratzinger non ho foto da pubblicare ma soltanto qualche lettera di ringraziamento e di apprezzamento per i libri che di tanto in tanto gli mandavo in dono come editore. Le missive erano naturalmente vergate e firmate dai suoi collaboratori.

Ho però un piccolo e trascurabile aneddoto del tempo in cui, come giovane ed entusiasta cronista d’assalto, mi occupavo di “cose di Chiesa” per un grosso quotidiano.

A quel tempo, l’ex pontefice emerito era prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede. Un ruolo di assoluto primo piano nella Chiesa di allora guidata saldamente dal papa polacco.

Seppi che sarebbe venuto a Palermo per una iniziativa organizzata dall’arcidiocesi e proposi al giornale di intervistarlo. In verità, non speravo che si facesse intervistare da un cronista quasi sconosciuto ma il mio caposervizio m’incoraggiò a provare dicendomi un po’ sornione: “Hai il prestigio del giornale alle spalle”.

Mi misi subito al lavoro per stendere le domande con l’aiuto di un amico teologo, molto brillante ma poco allineato. L’intervista verteva quasi tutta sul tema testimonianza cristiana-fede-mafia. Tre pagine fitte di domande. Erano tante ma sapevo che qualcuna sarebbe stata cassata.

Chiamai la segreteria della Congregazione per dottrina delle Fede e da lì iniziai un garbato confronto con il segretario di Ratzinger, mons. Josef Clemens, che quasi ogni giorno mi mandava, allora si usava il fax, richieste di modifiche delle domande o di eliminazione di alcune di esse. Dopo una settimana di trattative, mons. Clemens, persona assai garbata e con un delizioso accento tedesco, mi mandò ciò che erano disponibili a concedermi: tre domandine assai generiche seguite da tre virgolettati che altro non erano che brevissimi passaggi dell’intervento che avrebbe tenuto a Palermo.

Allora ero un giornalista assai ingenuo e pieno di fervore e rifiutai sdegnato di firmare pubblicare quella che non era più la mia intervista. Quando ne parlai con un mio collega più anziano che si occupava anche di Vaticano, mi disse avevo sbagliato a non voler uscire con l’intervista perché era pur sempre un personaggio assai importante e che, comunque, con gli altri prelati si usava - e penso si usi ancora - così.